Claudio Puoti, medico epatologo e infettivologo, ci ha lasciato improvvisamente e prematuramente il 15 giugno 2021.

Da sempre vicino agli ultimi e ai fragili, si è prodigato per curare i malati, accogliendoli prima di tutto come persone, accompagnandoli con empatia nei percorsi terapeutici e cercando di alleviarne le paure. È per questo che tutti quelli che lo hanno conosciuto hanno di lui un ricordo indelebile, non solo come medico, ma anche come amico.

Nonostante la sua brillante carriera alla quale teneva moltissimo e lo inorgogliva, il suo stile di vita non è mai cambiato ma è rimasto sempre semplice ed essenziale e in parallelo alla sua attività ospedaliera, è sempre stato in prima fila nelle organizzazioni volontarie di aiuto.

È stato Coordinatore della Task Force Aziendale di II Livello della ASL Roma H per la Sorveglianza Sanitaria per i cittadini stranieri non comunitari residenti nei Centri di Accoglienza a seguito di sbarchi sulle coste italiane.
Ha prestato la sua attività come medico volontario presso le Case famiglia.

Nel 2014, tramite la Fondazione Francesca Rava, ha iniziato la collaborazione come medico volontario con la Marina Militare per il salvataggio dei migranti in mare.

Nonostante sia stata un’esperienza dura, sia fisicamente che psicologicamente, Claudio ha sentito il bisogno di continuare a imbarcarsi sulle navi militari pur di essere utile a chi ne avesse bisogno, conscio di ricevere molto più di quel che dava. Durante le missioni annotava su un piccolo diario tutto quello che avveniva: gli avvistamenti, i salvataggi, i momenti di tensione, i racconti dei sopravvissuti, le domande dei bambini. E il diario di bordo è diventato poi il canovaccio per la stesura di due libri: “Dialoghi con Pì” e poi “Lettere a Pì” dove i suoi ricordi e il vissuto di quei giorni sono raccontati alla figlia Simona, soprannominata Pì.

Ispirandosi alla raccolta di poesie di Edgar Lee Masters, in cui i morti raccontano la loro vita attraverso le lapidi, Claudio include nei suoi libri la Spoon River del Mare, una piccola antologia di poesie che raccontano la storia dei migranti che non ce l’hanno fatta e giacciono in fondo al Mediterraneo.

Nel 2018 fonda il gruppo virtuale TU, Tratti Umani, che raccoglie donne e uomini di tutta Italia, diversi per credo politico, ideologia, fede religiosa, ma uniti dagli stessi ideali e dalla stessa fede nei princìpi di uguaglianza e fratellanza tra tutti gli esseri umani. Tramite la parola, impegnando ragione, cultura e sentimento, cerca di scuotere le coscienze, in particolare quelle dei giovani, per abbattere il muro di intolleranza, razzismo, indifferenza ed egoismo che giorno dopo giorno si erge di fronte a noi. Grazie alle sue competenze di infettivologo, durante il lock down del 2020, facendosi carico delle ansie e delle paure generate dalla pandemia, è diventato un riferimento per tutti quelli che lo seguivano sul gruppo TU. Con post estremamente vagliati e di facile comprensione, spiegava, a quella che definiva “famiglia”, il corso della malattia, l’andamento della pandemia, le norme e le precauzioni da seguire, rassicurando e invitando sempre alla prudenza.


Claudio Puoti è stato sempre un brillantissimo studente. Ha frequentato il Liceo Ginnasio Statale “Giulio Cesare” di Roma e nel 1972 ha conseguito il diploma di MATURITÀ CLASSICA con il massimo dei voti. Studiava con passione storia e filosofia e Engels e Mark erano i suoi maestri tanto che a 14 anni già frequentava la scuola del Partito Comunista delle Frattocchie. Tra i grandi della letteratura amati da Claudio spiccano Thomas Mann e Cesare Pavese.

Nel 1978 si laurea in MEDICINA E CHIRURGIA presso l’Università di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti e la lode. Successivamente si specializza in MALATTIE DELL’APPARATO DIGERENTE, MALATTIE INFETTIVE e MALATTIE DEL FEGATO e DEL RICAMBIO.

Un excursus del curriculum evidenzia anche un numero non comune di idoneità a primario, la presenza in tante commissioni scientifiche, nonché l’attività didattica nelle Università.
Numerosissime sono le pubblicazioni scientifiche in varie tematiche dell’epatologia, ma l’argomento specifico che più lo ha appassionato è stato quello dei portatori di epatite C con livelli di transaminasi normali e che quindi non venivano considerati a rischio di patologia severa. La sua intuizione che anche questi pazienti fossero a rischio di malattia epatica cronica, corroborata successivamente da solidi dati, ha dato luogo a un importantissimo documento dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e a una fama internazionale. Ciononostante, Claudio amava definirsi “medico di campagna” sia per l’empatia che istaurava con i pazienti, sia per i luoghi, i Castelli Romani, dove operava prevalentemente.

Bisogna infine riconoscere la potente efficacia della sua capacità comunicativa attraverso la quale riusciva a semplificare argomenti complessi rendendoli accessibili e invogliando i giovani medici alla critica e al rigore scientifico.

Cos’è la medicina per Claudio

dal libro «Virus intelligenti»

Recentemente, una giovane studentessa di Medicina di 22 anni ha chiesto a Claudio Puoti cosa significasse per lui essere stato medico per 40 anni e Claudio, da par suo, ha così risposto.

«La medicina è una strada difficilissima, un po’ passione, un po’ missione, un po’ lavoro, un po’ esigente padrona e un po’ innamorata gelosa, che non sopporta di essere tradita né abbandonata. La medicina è un mondo strano, dove incontrerai di tutto: sognatori rivoluzionari ispirati da Che Guevara e da Salvador Allende e avvoltoi avidi di denaro, progressisti sinceri e beceri reazionari, sessisti misogini omofobi e veri democratici avanzati.

Virus intelligenti

La medicina è una ininterrotta storia personale di delusioni e sconfitte, di successi e vittorie, è un percorso lastricato di buche e di voragini, che può condurre negli abissi del fallimento umano o sulle vette della realizzazione etica. La medicina è e deve essere una malattia dell’anima, che non trova e non deve trovare terapia, cui abbandonarsi ogni giorno e ogni ora della propria esistenza. Fare davvero il medico significa avere il proprio cuore come il paese più straziato e pieno di croci. O accetti tutto questo, o potrai soltanto esibire una mera laurea di dottore in Medicina, che è cosa assai La medicina è una ininterrotta storia personale di delusioni e sconfitte, di successi e vittorie, è un percorso lastricato di buche e di voragini, che può condurre negli abissi del fallimento umano o sulle vette della realizzazione etica. La medicina è e deve essere una malattia dell’anima, che non trova e non deve trovare terapia, cui abbandonarsi ogni giorno e ogni ora della propria esistenza. Fare davvero il medico significa avere il proprio cuore come il paese più straziato e pieno di croci. O accetti tutto questo, o potrai soltanto esibire una mera laurea di dottore in Medicina, che è cosa assai diversa».